ALEXANDROS YIORKADJIS
Alexandros Yiorkadjis è nato a Cipro nel 1981. Partecipa ai corsi artistici nell’atelier cipriota di Hristos Simeodines. Dopo il Diploma al Liceo Makarios III di Cipro, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Perugia per poi spostarsi e terminare gli studi a Bologna. Prende parte a diverse mostre collettive in Italia, Francia e Grecia, definito da tanti addetti ai lavori come uno dei giovani scultori più interessanti sul panorama dell’arte attuale. Tra corpo e mente, tra spirito e materialismo. Tra esigenze terrene e immateriali. Quello che colpisce di questo giovane greco è il fatto che si ponga temi, in realtà antichissimi. I grandi dubbi, conflitti, gli interrogativi che l’uomo si è sempre posto. Il dualismo che Yarkadijs cerca di indagare è l’uomo stesso. L’individuo, con tutte le sue incertezze, è il protagonista assoluto della sua investigazione. Alexandros non si interroga (almeno, non ancora) su quei temi legati al corpo come la malattia, la morte, l'identità psichica, culturale, etnica e così via. Il suo è un conflitto di sensi e spirito, tra eros e mente.
L’opera che apre la strada alla mostra, è un uomo che esibisce il cuore senza paura e senza vergogna. Il cuore è tutto ciò che ha, ma che sembra preoccuparlo. Il suo cuore è ciò che ha di più prezioso e non intende nasconderlo. Quello che occupa i suoi pensieri è l’instabile equilibrio tra sensi e spirito, e il suo conflitto maggiore stà nella giusta proporzione tra i propri sensi dai quali sembra, in certi casi, sopraffatto. In Yorkadijs ogni singola opera è parte delle altre, sono ‘dichiarazioni’, assiomi, esaltati o allo stesso tempo contraddetti dall’opera successiva. Se in una c’è il cuore, a seguire è l’eros a fare da padrone. Tutti gli ambiti che l’artista indaga vivono di per sé, ma, non possono sopravvivere senza gli altri, perché l’uomo è tutti questi ambiti insieme.
L’artista usa se stesso, ed è in questo figlio del contemporaneo, del secondo Novecento; partire dal proprio corpo sembra imprescindibile per iniziare a comunicare, se stesso diviene il suo metro universale. Si mostra senza maschere, si lascia guardare cuore e mente, coinvolgendo lo spettatore in una riflessione, è un invito a fare altrettanto. Non si preoccupa nemmeno quando non può più fare a meno di esplodere. Ed è lui che esplode, non ha paura di mostrarsi nudo e andare a pezzi. La sua arte possiede forza, ma contemporaneamente è materia fragile e frangibile. Il suo uomo sarà anche terra ma possiede il rovescio che è puro spirito, che può riflettersi ed espandersi all’esterno, la sua mente è il mezzo per raggiungere l’equilibrio, il pensiero non ancora azione può elevarci, il cervello esiste anche senza di noi.
L’arte degli ultimi anni, segue le riflessioni e la ricerca del giovane cipriota, è una tendenza questa, che riguarda tutto il panorama della scultura nell’ultimo decennio: ogni artista che si è cimentato in questa pratica artistica, ha fatto i conti con la figura. “È quello che io chiamo figurazionismo" - spiega Alfonso Panzetta – il ritorno all’iconicità, alla figura, si è affacciata alla coscienza della critica internazionale, grazie alla mostra dello storico dell’arte Jean Claire, fatta in occasione dei cento anni della Biennale di Venezia nel 1995.
In quella occasione propose una storia del corpo umano, attraverso un percorso nelle arti figurative che indagava gli ultimi cento anni. Ricerca e rappresentazione dell’individuo, sull’individuo, quasi una misurazione scientifica dell’identità dove l’artista si è cimentato, attraverso i valori plastici, con il confronto nel gruppo ma anche con la propria solitudine.
Questa linea di figurazione, colpisce come un morbo i giovani dell’ultimo decennio, che non rinnegano le novità dell’ultimo secolo, ma ne sono completamente imbevuti, è parte del loro dna, tanto da riproporlo nell’iconicità, in un figurazionismo, appunto, che non è da confondere con il figurativo ottocentesco, né con il ritorno all’ordine degli anni Venti e Trenta, e neppure con la figurazione che riguarda gli anni Cinquanta. Figurazionismo è il termine che ci viene in aiuto e che serve a ricordarci, a tenere ben presente, tutte le grandi novità del secondo Novecento e allo stesso tempo spiega e apre un’altra via ai valori plastici.” Ho ancora una domanda, a cui non posso fare a meno di pensare e che sarà venuta in mente di sicuro anche al Panzetta. Quanto incidono le radici greche, la sua terra, in Alexandros? “In realtà – mi rassicura lo storico della scultura - assolutamente niente. Viene naturale pensarlo, infatti, date le sue origini, ma la cultura di questo artista, la sua identità è sopranazionale, è quella che hanno tutti i giovani. In questo passaggio di decennio, invece, è la pittura che langue. Di cui l’unica omogeneità è data dal formato di grandi dimensioni.
La scultura no, questa vive una stagione di omogeneità pur nella singolarità dei linguaggi dei diversi artisti, la scultura ha un fil rouge, nel ritorno all’iconicità qualunque essa sia.” La peculiarità dei giovani artisti degli ultimi anni risiede anche in una straordinaria capacità di fare, di piegare la materia, qualunque tipo possa essere; la capacità manuale è una forte componente della scultura giovane. Questo fil rouge iconico narrativo, evocativo o concettuale, contagia artisti come Gabriele Garbolino, Gassino o Gehard Demetz, tutti in Art First di questa edizione. In questa filza s’inserisce a pieno titolo il giovane cipriota. Quello che colpisce di Alexandros, è che dopo aver visto le sue opere, continuo a pensarci…